TARALLINI PUGLIESI
Vania della Bidia e Alina Person
Ingredienti
- 200ml di vino bianco tiepido
- 15g di sale
- 200 g di semola rimacinata
- 300 di farina 0
- 100ml olio extra vergine di oliva
- 10g di semi di finocchio
Preparazione
Nella ciotola della planetaria versare il vino bianco, il sale e mescolare, aggiungere la semola rimacinata, la farina, l ‘olio extra vergine di oliva e cominciare ad impastare. Man mano che si impasta, aggiungere i semi di finocchio e continuare ad impastare fino ad ottenere un panetto elastico ed omogeneo. Coprire il panetto ottenuto e lasciare riposare a temperatura ambiente per circa 30 minuti. Una volta riposato, prendete dei pezzi e fate dei filoncini che taglierete della lunghezza che piu vi piace e formate i tarallini. Continuare questa operazione fino ad esaurimento della pasta Posizionate i taralli pugliesi su una teglia rivestito da carta forno e infornate a 200 statico per circa 20-25 minuti. Una volta ben dorati, sfornare i taralli e lasciare che si raffreddino completamente. A questo punto i vostri semplici e friabili taralli pugliesi al vino bianco e semi di finocchio , saranno pronti per essere gustati.
VINO IN ABBINAMENTO AI TARALLI PUGLIESI
Il termine “infinocchiare” vi dice niente? Beh, per i contadini soprattutto di un tempo, ha significato grandi affari… È un termine che nasce nelle antiche osterie romane. Una furbata che veniva adottata dagli osti per finire il vino che aveva cominciato a scadere un po’ verso l’aceto. Prima di servire il vino si offriva al cliente del finocchio crudo che contiene delle sostanze aromatiche anestetizzanti per le mucose della lingua. È un aroma così intenso da eliminare la percezione dell’aceto. In pratica il vino poteva sembrare passabile e non si poteva dire che era difettato. Molte volte questo trucco lo si adottava non solo per eliminare lo spunto acetico ma anche per evitare noie sulla qualità del prodotto. Soprattutto in tempi nei quali dai Castelli Romani arrivavano vini Frascati di dubbia serbevolezza. E se le pietanze che aveva intenzione di servire non erano proprio freschissime anzi un po’ rancide, le ricuoceva condendole con abbondante finocchio. Così i sapori autentici venivano coperti dall’infida verdura e gli infinocchiati mangiavano, bevevano ed erano tutti contenti. Detto questo, con i Tarallini pugliesi di Alina di oggi ci abbiniamo un bel vino altrettanto pugliese! Un Primitivo, un Negramaro, un Nero di Troia… che tra l’altro sono i primi vitigni che giunsero in Italia: in particolare l’uva di Troia si narra che fu portata in Puglia dai Fenici già a partire dal 2000 A.C. Ma se preferite i bianchi allora vi consiglio un Bombino bianco Castel Del Monte, o una Verdeca Terre Del Crifo. Di Vania Della Bidia