18 Giugno 2021
Il Blog di RID 96.8 FM

La Vicenna dei libri

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“Il richiamo della foresta” era il mio preferito. Me lo avevano regalato i miei nonni paterni in un interminabile agosto del 1982, i miei genitori in trasferta a Città del Messico, dove papà era visiting professor, le ore dilatate della vacanza e tanto tempo da riempire nella quiete e nel fresco di Scanno, a 6 anni. Da allora, Scanno è per me lettura di libri;  tanti, meravigliosi, sofferti, bagnati dal lago, scordati in pineta, stropicciati, ingialliti, pieni di orecchie, custoditi nella grande casa di pietra per anni passati e ancora chissà quanti anni a venire.

Quest’anno, in uno dei ripulisti necessari di tanto in tanto alla garanzia della convivenza estiva, l’ho ritrovato e, all’improvviso, mi sono trovata catapultata a quel tempo, quando doveva ancora succedere tutto. E per qualche secondo (sette?) sono stata tutto quello che sarei potuta essere e che non sono diventata. Si sa, ogni bilancio  sano è fatto di equilibri tra rimorsi e rimpianti.

Ma eccolo, il potere magico dei libri.

Di lì il passo è stato un salto a piè pari, di quelli che si fanno durante gli entusiasmi della quadriglia: ho chiamato a raccolta gli amici di sempre e ho annunciato l’idea dello Scanno Book Festival.

Certo, tra il dire e il fare, lo sappiamo, vi è di mezzo un oceano di “se” e di “ma”. Eppure basti pensare che,     

accanto alle sagre gastronomiche che in una terra come l’Abruzzo hanno da sempre la strada spianata, i festival di carattere culturale vivono un’epoca di ritrovata vitalità, tanto che l’arrosticino e il romanzo, il gregoriano e la filosofia, il cerasuolo e la discussione dotta possono essere considerati dirimpettai, soprattutto in estate, quando il corpo ha bisogno di ristoro e la mente può finalmente dedicarsi a ciò che piace di più.  Se scendo ad accostamenti gastronomici, non è un caso: credo che  i festival letterari proprio a questo servano, a garantire la “commestibilità” della cultura. La dimensione conviviale, infatti, favorisce il dialogo, la conversazione, il dibattito e la condivisione di spazi e tempi troppo spesso messi da parte a favore di corse, incastri, scadenze, orari da rispettare.

Ecco: la socialità culturale aiuta ad imbandire una tavola immaginaria dove può sedersi, per nutrirsi, il nostro cervello.  A questo si aggiunga che l’estate è tempo di festa e incoraggia ad affrontare temi (e cibi) magari troppo complessi per la quotidianità, in genere più frugale e sbrigativa. Non chiederei mai a un collega al bar, prima di entrare in redazione, d’intrattenermi per un’ora sull’ultimo romanzo di Elena Ferrante,  ma se mi trovo a Scanno, ed è estate, allora un’ora è anche poca per discuterne; e se poi mi trovo davanti la Ferrante in persona (chissà se è alta o bassa, mora o bionda come la sua protagonista) a fare il firmacopie e a stringere mani, allora mi farei anche una coda interminabile in attesa di guardarla negli occhi e dirle “grazie…”.

Questo vorrei che avvenisse per un giorno, ogni anno, nella mia amata Scanno, terra di ricordi e di sogni: percorrendo i vicoli di pietra, seduti in piazza o alla Codacchiola, negli atri dei palazzi storici e sotto gli archi che sopravvivono a crolli e intemperie: che la cultura fosse monarca assoluta dell’interezza di un discorso, prima di tornare alla sbriciolata forma di assunzione di notizie, a quell’infinito spezzatino di immagini e parole sprigionato da qualche schermo più o meno ampio di cui ci nutriamo quotidianamente.

Sembrerà strano, ma ho sempre pensato che vi fosse una profonda somiglianza tra scrittori e montanari: quella complicazione delle immagini e del succedersi delle stagioni (meteorologiche e di vita)condensate in una suggestiva razzia di lemmi. La parola per dare un suono ai pensieri e la scrittura per dare loro un senso nel tempo. E i libri, come la montagna, ci proteggono.

Quello che poi ciascuno di noi consuma nel privato, cosa legge, cosa vede, forse cosa scrive anche, quanto tempo insomma dedica a migliorare la prestanza del suo cervello (o almeno a ritardarne la senescenza) poco importa qui: lo Scanno Book Festival si chiamerà Ju Buk (in gergo scannese è la bisaccia del pastore transumante) e sarà una polis culturale aperta a tutti, un’occasione importante per far uscire di casa persino le “ultime regine” del borgo, per restituire alla cultura e ai libri il loro peso materiale, il loro ingombro effettivo nella nostra esistenza, i loro spazi (che per me da sempre sono gradoni, portoni, cortili, piazzette), i loro tempi.

Così, il mese scorso, in un un’estate scannese più calda delle altre, vuoi per la mollezza del tempo libero in vacanza – dilatato e zuccheroso rispetto al tempo cosiddetto “occupato” – ho pensato a un book festival tutto nostro, da costruire insieme, permeandolo dello spirito d’accoglienza e multietnicità che nei secoli ha contraddistinto la società di questo borgo.   Ringrazio i tanti che a vario titolo hanno già offerto la propria disponibilità a realizzare questo piccolo, grande sogno. In particolare ringrazio Michelle Marie Castiello, la bionda pink editor dagli occhi limpidi e RID96.8fm che sarà radio ufficiale dell’evento. Ma di tutti voi avremo bisogno – del vostro tempo, dei vostri suggerimenti e del vostro entusiasmo – per renderlo realtà. “Buck non leggeva i giornali, altrimenti avrebbe saputo quali guai si stavano preparando per tutti i cani di forte muscolatura, col pelo lungo e soffice…” Avevo 6 anni e mi piaceva tanto leggere, d’estate, all’ombra, in montagna. Vi è qualcosa di incredibilmente delizioso nella scrittura delle prime parole di una storia. Perché non si può mai dire con esattezza dove ti condurrà. La mia mi ha portato di nuovo lì, a Scanno, dove appartengo.

Eleonora De Nardis

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